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libera associazione no profit, costituita nel 2013 fra pensionati ed esodati, già dipendenti di Banca Carige - Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, per tutelare i diritti e gli interessi economici e morali dei propri Associati in materia previdenziale, assicurativa e sanitaria, assistendoli nei rapporti con le competenti strutture Bper, l’INPS e gli altri enti tributari, assicurativi e finanziari, pubblici e privati.

martedì 17 novembre 2015

COMUNICATO n.52 – Altre considerazioni in merito alla portabilità del FIP.

Le procedure aziendalmente in atto per addivenire a una profonda trasformazione del nostro FIP - da trattamento pensionistico complessivo garantito e correlato all'ultima retribuzione in servizio, ad una prestazione prospettica aggiuntiva calcolata col metodo contributivo e svincolata dalla pensione Inps, in questi giorni sono oggetto di numerose richieste di nostre delucidazioni da parte di soci, che non sono solo pensionati ma anche parte dei c.d. "attivi", ossia personale ancora in servizio con elevata anzianità d’iscrizione al Fondo.
Altri vorrebbero che restassimo totalmente estranei da quanto avviene, come se vi fossero due Fondi pensione ben distinti (uno per gli attivi e un altro per i pensionati): ma non è assolutamente così, non solo perché lo diciamo noi, ma in quanto lo prevede chiaramente il Regolamento, che notoriamente non può essere modificato e che è sempre stato strutturato (continuativamente da oltre 50 anni) come un’unica entità proprio da parte delle fonti istitutive, ossia Carige, le OO.SS. e, dal 1992, da ciascun iscritto, che contrattualmente lo ha ratificato, accettandone le previsioni.
Ci giunge altresì informale notizia che una consistente parte degli attivi avrebbe già optato per ottenere una zainettizzazione (termine di per sé già poco gradevole), forse perché spinti da tanti consigli in tal senso, proprio da parte di chi in passato si era invece contrattualmente impegnato a garantire nel tempo una previdenza meno aleatoria, quale parte della retribuzione maturata in servizio ma erogata in pensione, mentre oggi sembra fortemente portato ad alimentare dubbi metagiuridici e scenari di pericolo, che non giovano certo all’immagine della Banca, che dichiara d’aver riacquistato solidità patrimoniale ed equilibrio economico, anche a spese dei tanti dipendenti e pensionati che hanno sottoscritto gli aumenti di capitale.
L’Accordo sindacale sottostante alla zainettizzazione, che (solo) apparentemente sostiene di non modificare il Regolamento, consentirebbe all’Azienda di proporre al personale in servizio una transazione forfettaria, tra l'altro da formalizzarsi con atto di rinuncia a 360 gradi (chissà perché?). Per supportare questa affermazione e giustificarla, il documento fa riferimento ad una sentenza di Cassazione del 14/1/2015, la n°477 che, giudicando sulla restituzione del contributo aziendale in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, ha esteso in via analogica la normativa stabilita al riguardo dalla Legge n. 252/2005 sui Fondi preesistenti a prestazioni definite, di tipo collettivo e a ripartizione.
Non vogliamo in questa sede entrare nel merito dell’uso disinvolto e parziale delle disposizioni pensionistiche contrattuali e di legge riferite a casi totalmente diversi dalla nostra fattispecie, che invece fonda la riserva matematica sul capitale di copertura degli impegni previdenziali futuri della Banca. Desideriamo per ora solo chiarire ai tanti colleghi che ce lo chiedono, quanto segue, ferma la nostra posizione di fondo in merito:
a) La citata sentenza della Cassazione e la legge sui Fondi pensione, cui si fa testuale riferimento, disciplinano “il trasferimento dell’intera posizione individuale maturata ad altra forma pensionistica, la quale deve essere esplicitamente prevista dagli statuti (Regolamento del Fondo)". Oltre a non essere il nostro caso, la Cassazione chiarisce comunque molto bene che il trasferimento, nella fattispecie, deve consistere nella riserva matematica accantonata, verificabile con oggettivi calcoli attuariali, e non con metodologie diverse, più riduttive. 
b) La posizione di ciascun iscritto, individuabile mediante corrette metodologie attuariali, infatti non è quella calcolata da Carige applicando un coefficiente fisso alla (parziale) retribuzione pensionabile ponderato per l’anzianità di servizio, nell’intento forse di ricostruire un inesistente e diretto rapporto contributivo dello zainetto rispetto a quanto spettante, dal momento che l’offerta non tiene altresì conto della reversibilità e degli altri dati attuariali personali, che concorrono a rappresentare la reale “posizione individuale maturata”, secondo i criteri dettati dalla Corte e utilizzati per formazione del bilancio aziendale. A parte la mancanza di trasparenza sul metodo, non si può non criticare il risultato, cioè il contenuto dello zainetto in molti casi assai più ridotto del dovuto (ma non dovevano essere almeno applicati i principi della tanto sbandierata sentenza di Cassazione?).
c) Tale comportamento penalizza le donne, i pensionati di età inferiore alla media, i coniugati e i titolari di integrazioni tendenzialmente più elevate, solo in parte compensato dal bonus per minimo garantito e altre vertenze, l’unico aspetto che richiederebbe un’intesa transattiva in caso di accettazione, non essendo plausibile, nemmeno con l’interpretazione data dalle parti firmatarie dell’accordo, alcuna penalizzazione a fronte dell’asserito diritto di chiedere la portabilità della propria posizione maturata (c.d. zainetto, ma pieno e non ridotto), che conseguentemente dovrebbe essere chiaramente evidenziata a parte esplicitando i criteri attuariali usati per calcolarla.          
Una sigla sindacale si è persino spinta ad ipotizzare l’estensione dell’offerta ai pensionati, a nostro avviso tanto più impercorribile, per cui rassicuriamo tutti i nostri soci in quiescenza in merito alle vicende che stanno preoccupando i nostri colleghi ancora in servizio, ai quali vanno la nostra solidarietà e la nostra comprensione per il difficile momento che stanno vivendo (e ci riferiamo proprio alla qualità dell’informazione aziendale e non alle motivazioni talora fuorvianti cui possono essere soggetti).

giovedì 5 novembre 2015

COMUNICATO N.51 – Considerazioni in merito alla c.d. “zainettatura” del FIP.

Abbiamo letto, come tutti i soggetti interessati, la circolare delle OOSS aziendali del 3/11/2015, che commentiamo per la parte di nostra competenza e cioè quella dei pensionati e degli iscritti al FIP in attesa di pensionamento, che ci stanno interpellando sulla difficile decisione da prendere nel giro di pochi giorni.
Diciamo subito che del contenuto della circolare apprezziamo solo alcune dichiarazioni su garanzie minimali per gli iscritti, quali l’assoluta volontarietà di aderire o no alle proposte che prossimamente farà l'azienda ai singoli nonché l’asserito principio consistente nella volontà” di non toccare minimamente il Regolamento del Fondo” e che “gli unici ad avere un diritto garantito alle prestazioni del FIP sono i colleghi pensionati” (dimenticando peraltro l’analoga posizione degli attivi). Riteniamo che queste valutazioni del Sindacato siano maturate a seguito di approfondite riflessioni giuridiche, che pensiamo siano frutto delle nostre iniziative di chiarimento (trattative con l’azienda sui pensionati) e di contrasto (nostra diffida ad azienda e sindacati), anche se a qualcuno piacerà continuare a credere che le trattative sindacali, tenute sino all’ultimo segrete, prevedessero tali vincoli sin dai primi contatti.
Molto più opinabile è l’affermazione che il diritto alla pensione è una semplice “aspettativa” da parte dei colleghi in servizio, perché non tiene minimamente conto dei diritti individuali nascenti dai noti impegni aziendali del 1992, a cui peraltro volontariamente si rinuncerebbe uscendo dal Fondo con una transazione avente valore di sentenza giudiziale, come previsto dal recentissimo accordo aziendale.
Concordiamo invece sul fatto che oggi da più parti si cerchi di ledere i diritti sia dei pensionandi sia dei pensionati per effetto delle ricorrenti leggi di dubbia legittimità costituzionale, che toccano spesso materie di natura privata o riservate alla contrattazione collettiva, sempre all’ordine del giorno nel tormentato settore previdenziale, sui cui imponderabili riflessi economici e normativi prospettici ognuno può fare solo delle stime approssimative personali ed a cui talora le aziende fanno riferimento per ridurre sensibilmente i loro costi operativi, come nel nostro caso.
Fra le riforme penalizzanti già da tempo in atto, c’è anche quella del sistema contributivo per le pensioni pubbliche e private, non più retributive, che purtroppo determinerà una graduale perdita nel tempo dell’entità della pensione INPS liquidata: ed è per questo che il nostro FIP è particolarmente garantista, perché pone a carico della Banca l’onere di questa riduzione, essendo il nostro Regolamento sorto, e poi prudenzialmente alimentato, proprio per proteggere gli iscritti da situazioni di questo tipo.
Il Regolamento del FIP, a suo tempo firmato dalle stesse parti Istitutive che oggi vogliono svuotarlo, prefigurava proprio questi scenari garantendoli, come tuttora li garantisce, fissando la parametrazione ad un trattamento pensionistico complessivo (garanzia del totale Inps + integrazione) con conseguente obbligo di copertura delle riserve tecniche appostate a bilancio con vincolo di destinazione.
Il nostro FIP assicura, inoltre, un’integrazione minima rivalutabile a tutela delle pensioni aziendali meno elevate di ciascuna categoria ma questa integrazione minima è stata indebitamente bloccata nella misura stabilita nel lontano 1997: le recentissime intese aziendali anche per sanare questa irregolarità, liquidano una somma (minore) a stralcio, molto probabilmente per agevolare i provvedimenti utili all’azienda (esodo e uscita dal FIP), mentre centinaia di altri aventi diritto devono ricorrere in giudizio per rivendicarla.
Prendiamo il caso teorico di una collega di 65 anni, con più di 35 anni di servizio, da collocare a riposo entro fine anno, senza la reversibilità né incentivo per l’esodo: la Banca ad oggi, se ha diritto al solo minimo garantito, eroga una pensione mensile di € 317,93, mentre con la dovuta rivalutazione, a sensi dell’accordo sindacale del 1997, l’importo deve essere di € 453,47.
Per il caso di specie, simile a moltissimi altri con le variazioni dovute alle diverse anzianità di servizio, speranza di vita e situazione familiare, la quota parte individuale della riserva complessivamente esposta a bilancio, che ormai negli accordi viene chiamata zainetto, calcolata su una rendita di € 317,93 mensili ammonterebbe a circa € 87.500, secondo i dati attuariali di base assunti ai fini della valutazione dell’obbligazione futura della Banca. Se invece fosse stata calcolata sul minimo rivalutato di € 453,47 l’accantonamento individuale salirebbe a circa € 125.000.
Per un collega appartenente, invece, al più elevato grado dei quadri (ex funzionario gr.4° CL.8), età 65 anni, anzianità di servizio 35 anni, coniuge di 60 anni d'età, collocato a riposo con il minimo garantito, la pensione lorda oggi erogata, è pari a circa € 550, mentre dovrebbe invece essere rivalutata ad € 784.
Il relativo zainetto, secondo idonei calcoli attuariali, sarebbe di € 159.000 (senza la rivalutazione dovuta sul minimo) e di € 227.000, tenendo conto della rivalutazione del minimo .
Da quanto appreso la differenza fra le due cifre, con o senza rivalutazione del minimo, (ovviamente variabile da caso a caso) verrebbe forfetizzata in un bonus di € 22/24.000, calcolato in 35.imi, escludendolo dalla base attuariale di calcolo dello zainetto: risulta evidente la riduzione operata rispetto al dovuto.
Da quest’ultimo accordo sindacale emergono poi palesi disparità di trattamento fra gli iscritti e la assunzione di oneri aziendali presenti e futuri non a carico del conto economico (come invece dovuto), bensì della riserva matematica F I P, già accantonata senza tenere conto di tali oneri.
In ogni caso la c.d. portabilità degli zainetti, in un altro contesto legislativo meno nebuloso dell’attuale, avrebbe dovuto essere basata sulla chiara e documentata definizione della posizione individuale di partenza e sull’integrale trasferimento del “credito futuro” al Fondo aperto prescelto.
Così non dovrebbe avvenire nel nostro caso: gli iscritti non possono fare una valutazione consapevole comparando l’effettivo zainetto maturato con l’importo che sarà loro proposto, e quindi non potranno decidere in conformità a una consapevole valutazione di tutti gli elementi positivi e negativi al riguardo.
Pertanto, allo stato - ferma restando la ben nota posizione di As.Pe. - non possiamo che augurarci che l’Azienda metta gli interessati in condizione di effettuare consapevolmente la propria scelta, fornendo loro per iscritto l’esatto importo della pertinente quota di accantonamento stanziata nel bilancio semestrale scorso, evidenziando la riduzione proposta e l’eventuale bonus aggiuntivo a stralcio del minimo garantito: solo in tal caso una cosciente volontarietà di adesione potrà realizzarsi.