Abbiamo
letto, come tutti i soggetti interessati, la circolare delle OOSS
aziendali del 3/11/2015, che commentiamo per la parte di nostra
competenza e cioè quella dei pensionati e degli iscritti al FIP in
attesa di pensionamento, che ci stanno interpellando sulla difficile
decisione da prendere nel giro di pochi giorni.
Diciamo
subito che del contenuto della circolare apprezziamo solo
alcune dichiarazioni su garanzie minimali per gli iscritti, quali
l’assoluta volontarietà di aderire o no alle proposte che
prossimamente farà l'azienda ai singoli nonché l’asserito
principio consistente nella volontà” di non toccare minimamente il
Regolamento del Fondo” e che “gli unici ad avere un diritto
garantito alle prestazioni del FIP sono i colleghi pensionati”
(dimenticando peraltro l’analoga posizione degli attivi). Riteniamo
che queste valutazioni del Sindacato siano maturate a seguito di
approfondite riflessioni giuridiche, che pensiamo siano frutto delle
nostre iniziative di chiarimento (trattative con l’azienda sui
pensionati) e di contrasto (nostra diffida ad azienda e sindacati),
anche se a qualcuno piacerà continuare a credere che le trattative
sindacali, tenute sino all’ultimo segrete, prevedessero tali
vincoli sin dai primi contatti.
Molto più
opinabile è l’affermazione che il diritto alla pensione è una
semplice “aspettativa” da parte dei colleghi in servizio, perché
non tiene minimamente conto dei diritti individuali nascenti dai noti
impegni aziendali del 1992, a cui peraltro volontariamente si
rinuncerebbe uscendo dal Fondo con una transazione avente valore di
sentenza giudiziale, come previsto dal recentissimo accordo
aziendale.
Concordiamo
invece sul fatto che oggi da più parti si cerchi di ledere i diritti
sia dei pensionandi sia dei pensionati per effetto delle ricorrenti
leggi di dubbia legittimità costituzionale, che toccano spesso
materie di natura privata o riservate alla contrattazione collettiva,
sempre all’ordine del giorno nel tormentato settore previdenziale,
sui cui imponderabili riflessi economici e normativi prospettici
ognuno può fare solo delle stime approssimative personali ed a cui
talora le aziende fanno riferimento per ridurre sensibilmente i loro
costi operativi, come nel nostro caso.
Fra le
riforme penalizzanti già da tempo in atto, c’è anche quella del
sistema contributivo per le pensioni pubbliche e private, non più
retributive, che purtroppo determinerà una graduale perdita nel
tempo dell’entità della pensione INPS liquidata: ed è per questo
che il nostro FIP è particolarmente garantista, perché pone a
carico della Banca l’onere di questa riduzione, essendo il nostro
Regolamento sorto, e poi prudenzialmente alimentato, proprio per
proteggere gli iscritti da situazioni di questo tipo.
Il
Regolamento del FIP, a suo tempo firmato dalle stesse parti
Istitutive che oggi vogliono svuotarlo, prefigurava proprio questi
scenari garantendoli, come tuttora li garantisce, fissando la
parametrazione ad un trattamento pensionistico complessivo (garanzia
del totale Inps + integrazione) con conseguente obbligo di copertura
delle riserve tecniche appostate a bilancio con vincolo di
destinazione.
Il nostro
FIP assicura, inoltre, un’integrazione minima rivalutabile a tutela
delle pensioni aziendali meno elevate di ciascuna categoria ma questa
integrazione minima è stata indebitamente bloccata nella misura
stabilita nel lontano 1997: le recentissime intese aziendali anche
per sanare questa irregolarità, liquidano una somma (minore) a
stralcio, molto probabilmente per agevolare i provvedimenti utili
all’azienda (esodo e uscita dal FIP), mentre centinaia di altri
aventi diritto devono ricorrere in giudizio per rivendicarla.
Prendiamo il
caso teorico di una collega di 65 anni, con più di 35 anni di
servizio, da collocare a riposo entro fine anno, senza la
reversibilità né incentivo per l’esodo: la Banca ad oggi, se ha
diritto al solo minimo garantito, eroga una pensione mensile di €
317,93, mentre con la dovuta rivalutazione, a sensi dell’accordo
sindacale del 1997, l’importo deve essere di € 453,47.
Per il caso
di specie, simile a moltissimi altri con le variazioni dovute alle
diverse anzianità di servizio, speranza di vita e situazione
familiare, la quota parte individuale della riserva complessivamente
esposta a bilancio, che ormai negli accordi viene chiamata zainetto,
calcolata su una rendita di € 317,93 mensili ammonterebbe a circa €
87.500, secondo i dati attuariali di base assunti ai fini della
valutazione dell’obbligazione futura della Banca. Se invece fosse
stata calcolata sul minimo rivalutato di € 453,47 l’accantonamento
individuale salirebbe a circa € 125.000.
Per un
collega appartenente, invece, al più elevato grado dei quadri (ex
funzionario gr.4° CL.8), età 65 anni, anzianità di servizio 35
anni, coniuge di 60 anni d'età, collocato a riposo con il minimo
garantito, la pensione lorda oggi erogata, è pari a circa € 550,
mentre dovrebbe invece essere rivalutata ad € 784.
Il relativo
zainetto, secondo idonei calcoli attuariali, sarebbe di € 159.000
(senza la rivalutazione dovuta sul minimo) e di € 227.000, tenendo
conto della rivalutazione del minimo .
Da quanto
appreso la differenza fra le due cifre, con o senza rivalutazione del
minimo, (ovviamente variabile da caso a caso) verrebbe forfetizzata
in un bonus di € 22/24.000, calcolato in 35.imi, escludendolo dalla
base attuariale di calcolo dello zainetto: risulta evidente la
riduzione operata rispetto al dovuto.
Da
quest’ultimo accordo sindacale emergono poi palesi disparità di
trattamento fra gli iscritti e la assunzione di oneri aziendali
presenti e futuri non a carico del conto economico (come invece
dovuto), bensì della riserva matematica F I P, già accantonata
senza tenere conto di tali oneri.
In ogni caso
la c.d. portabilità degli zainetti, in un altro contesto legislativo
meno nebuloso dell’attuale, avrebbe dovuto essere basata sulla
chiara e documentata definizione della posizione individuale di
partenza e sull’integrale trasferimento del “credito futuro” al
Fondo aperto prescelto.
Così non
dovrebbe avvenire nel nostro caso: gli iscritti non possono fare una
valutazione consapevole comparando l’effettivo zainetto maturato
con l’importo che sarà loro proposto, e quindi non potranno
decidere in conformità a una consapevole valutazione di tutti gli
elementi positivi e negativi al riguardo.
Pertanto,
allo stato - ferma restando la ben nota posizione di As.Pe. - non
possiamo che augurarci che l’Azienda metta gli interessati in
condizione di effettuare consapevolmente la propria scelta, fornendo
loro per iscritto l’esatto importo della pertinente quota di
accantonamento stanziata nel bilancio semestrale scorso, evidenziando
la riduzione proposta e l’eventuale bonus aggiuntivo a stralcio del
minimo garantito: solo in tal caso una cosciente volontarietà di
adesione potrà realizzarsi.