Le Borse mondiali stanno attraversando un periodo di generalizzata depressione dei corsi dei titoli azionari e obbligazionari per motivi prevalentemente legati ai timori di guerre commerciali e di ripresa dell’inflazione, in un quadro già deteriorato dalle tensioni politiche internazionali.
Andamenti ciclici di questo tipo coinvolgono, in maggiore o minor misura, anche titoli di rating primario e con dividendi previsti in aumento.
Siccome la volatilità dei prezzi talvolta induce ad effettuare degli arbitraggi per attenuare i rischi di mercato o per coglierne le opportunità, anche compensando le minusvalenze con le plusvalenze, ci sembra utile ricordare le principali norme del regime di tassazione delle rendite di capitale.
Mentre è a tutti noto che le cedole dei titoli di stato sono tassate al 12,50% e che le cedole di titoli obbligazionari privati, i dividendi e i proventi erogati da EFT e Fondi comuni d’investimento azionari sono tassati al 26%, come redditi soggetti a tassazione a titolo di imposta, è meno chiaro il meccanismo di tassazione dei capital gain sui vari prodotti finanziari.
Innanzi tutto, occorre ricordare che per compensare in tutto o in parte le plusvalenze è necessario aver prima realizzato delle minusvalenze vendendo dei titoli in perdita o utilizzando quelle preesistenti nei quattro anni precedenti (altrimenti le minus si azzerano), non essendo sufficiente aver subito la svalutazione teorica di un titolo, anche se a carattere definitivo come nel caso di rinuncia a sottoscrivere un aumento di capitale fortemente diluito senza aver ceduto i diritti d’opzione.
I capital gain sui titoli di stato fruiscono dell’aliquota agevolata del 12,50%, ma solo se la plusvalenza è realizzata in occasione della scadenza del titolo, altrimenti è considerata reddito di capitale tassato al 26%; di regola, è quindi sconsigliabile vendere titoli pubblici in guadagno prima della scadenza (per esempio quelli a lungo termine) al solo scopo di effettuare altri investimenti aventi analogo rischio di tasso o di emittente.
Un'altra regola fiscale da tener presente è quella che le minusvalenze di titoli diversi (titoli di stato, obbligazioni e azioni) non possono essere compensate con le plusvalenze degli EFT e dei Fondi comuni d’investimento di risparmio o assicurativi, per cui un mix di prodotti finanziari, se non gestito anche sotto il profilo fiscale, può portare alla sgradita conseguenza di versare un’imposta del 26% su un imponibile virtuale non rappresentativo dell’effettivo risultato economico delle operazioni finanziarie realizzate.