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libera associazione no profit, costituita nel 2013 fra pensionati ed esodati, già dipendenti di Banca Carige - Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, per tutelare i diritti e gli interessi economici e morali dei propri Associati in materia previdenziale, assicurativa e sanitaria, assistendoli nei rapporti con le competenti strutture Bper, l’INPS e gli altri enti tributari, assicurativi e finanziari, pubblici e privati.

venerdì 19 settembre 2025

COMUNICATO N. 295 – Perequazione delle pensioni (rivalutazioni collegate all’inflazione)

 

Dopo la pausa estiva (che ci auguriamo sia stata positiva per tutti) riprendiamo i nostri Comunicati con un argomento di ricorrente attualità in autunno, ossia la prossima rivalutazione delle pensioni (dal 2026), che continuerà attendibilmente ad essere particolarmente penalizzante per coloro che percepiscono un trattamento pensionistico mensile superiore  a 4 volte il trattamento minimo INPS, ossia oltre 2500 euro lordi (corrispondenti a meno di 2000 euro netti), causa le limitazioni introdotte da molti anni dal legislatore.

Il problema è stato più volte affrontato da ASPE Carige (si vedano da ultimo i Comunicati n. 262 e 264 del 2023 nonché  n.276 del 19/9/24),ed ora torna di piena attualità a seguito del recentissimo studio effettuato dalla CIDA, in collaborazione  con il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, diretto dall’ex Segretario di Stato Prof. Alberto Brambilla, uno dei maggiori esperti italiani in materia previdenziale (che in passato venne anche in Carige a parlare di questo argomento, nel contesto della nostra precedente previdenza integrativa).

Questo studio si è concentrato sulla quantificazione delle perdite di potere di acquisto prospettiche (prossimi 10 anni)  delle pensioni INPS di importo superiore ai sopra citati 2500 euro lordi mensili, a fronte delle attuali limitazioni di legge (che gli ultimi vari governi hanno costantemente introdotto per fare cassa, specialmente negli anni in cui l’inflazione è stata di molto superiore a quella attuale), particolarmente pesanti anche perché applicate all’intero reddito pensionistico e non per scaglioni, come in passato.

In sostanza questo nuovo studio ha rilevato che oltre alla già consolidata e nota  perdita del potere di acquisto delle pensioni dall’inizio dell’anno 2000  ad oggi (pari a circa il 25% per i trattamenti pensionistici medio-alti), i criteri da ultimo introdotti nel 2024 dal Governo comporteranno una perdita nei prossimi 10 anni di un importo compreso tra i 13.000 e 115.000 euro per le pensioni mensili comprese tra i  2.500 e 10.000 euro lordi mensili (ossia pari ad un netto compreso tra i 2.000 e 6.000 mensili circa ).

Il legislatore da tempo (metà anni ’90) aveva altresì abolito le migliorative rivalutazioni pensionistiche contrattuali previste dalla previdenza integrativa aziendali, che invece, secondo le  previsioni del nostro FIP, avrebbero eliminato gli effetti negativi delle suddette limitazioni delle pensioni INPS.

Anche la Corte Costituzionale – a cui sono ricorse alcune associazioni di pensionati, CIDA per prima – ha recentemente di fatto  avvallato le limitazioni di legge  alle  rivalutazioni pensionistiche,  sostanzialmente condividendo il pensiero del legislatore, per cui  dovrebbero essere  i pensionati più abbienti a dovere supportare le pensioni di importo contenuto (sic): è quindi evidente che la maggior parte degli attuali  giudici costituzionali non vuole contraddire (come invece avvenuto  in passato) lo specifico operato delle forze politiche e legislative che nei fatti  li hanno nominati.

In questo contesto purtroppo non possiamo che prendere atto di quanto sopra, peraltro con l’auspicio di un  cambiamento che comporti il legittimo mantenimento del potere di acquisto delle pensioni tutte, specialmente nei confronti di chi ha versato congrui contributi, tenendo presente che lo studio CIDA in argomento ha rilevato che  “1,8 milioni di pensionati con redditi lordi annui da 35.000 euro in su  garantiscono da soli il 46,33 % dell’IRPEF  dell’intera categoria (pari a 16.305.624 pensionati complessivi), eppure sono proprio loro i più colpiti dai tagli e dalla mancata rivalutazione. Al contrario chi ha versato pochi o nessun contributo è stato pienamente tutelato dall’inflazione”.

IL PRESIDENTE