Il resoconto trimestrale del Gruppo Carige presenta un utile di periodo consistente (€ 80,9 milioni lordi), quasi interamente dovuto alla compravendita di titoli in portafoglio e alla modifica del metodo di determinazione del valore dei titoli di propria emissione (con recupero a conto economico delle plusvalenze contabili). I risultati dell’attività - sia pure tenendo conto della brevità del periodo di osservazione - sono invece del tutto insoddisfacenti in quanto il gruppo non ha generato nel trimestre una redditività` operativa (diminuiscono rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente del 27.5% il margine d’interesse e del 9.2% le commissioni nette) malgrado l’abbondante liquidità a basso costo fornita dalle Banche centrali contro emissione di obbligazioni proprie garantite dallo Stato o da primarie attività di bilancio. L’auspicabile ritorno del gruppo alla redditività operativa appare fortemente condizionato dall’evoluzione dell`economia e dei mercati finanziari, che al momento non appaiono muoversi in senso favorevole, con notevole ampliamento del rischio di perdite su titoli e crediti.
La stessa credibilità del noto progetto di dismissioni e ricapitalizzazione sembra essere messa in dubbio dalle Agenzie di Rating, che hanno recentemente espresso i seguenti giudizi negativi (testualmente riportati nel resoconto Carige):
“Il 22 marzo Standard & Poor’s ha ridotto di un notch il rating a lungo termine di Carige a “BB” da “BB+”, confermando quello a breve termine a “B” e ponendo il creditwatch negativo. Sempre in tema di rating, il 27 aprile Moody’s ha ridotto di due notch quelli assegnati a Carige per il breve e lungo termine a “Not-Prime/Ba2” da “Prime-3/Baa3”, e il bank financial strength rating (BSFR) a “D” da “D+”, ponendo gli ultimi due in review for downgrade.”
Con il prezzo di borsa del titolo in continua picchiata (-40% da inizio anno), dopo una effimera ripresa nei giorni successivi all’assemblea annuale, e con un patrimonio netto in gran parte costituito dall’avviamento pagato per gli sportelli acquistati nel quinquennio precedente e dal cumulo di crediti futuri per le imposte anticipate, non facilmente recuperabili in periodi di scarsa redditività, la Banca sembra non voler correggere le vecchie strategie che continuano ad essere riproposte con il copia e incolla nelle periodiche relazioni di bilancio, anche dopo il brusco risveglio con i nodi venuti al pettine nello scorso esercizio:
“L’orientamento strategico di fondo del Gruppo, tracciato a partire dagli anni ’90 e ribadito in sede di Piano strategico 2011 – 2014 (approvato in data 16 maggio 2011), consiste nella creazione di valore nel medio lungo periodo per tutti gli stakeholder (azionisti, risorse umane, clienti e collettività) in modo equilibrato, facendo leva sulla valorizzazione delle relazioni di clientela e sulla crescita dimensionale, come requisito fondamentale per mantenere un ruolo di rilievo nel sistema bancario nazionale.” (Relazione trimestrale - La strategia, pag.9)
Per la tutela di tutti questi interessi, fra i quali ci sono anche quelli dei pensionati, che hanno contribuito alla solidità e al buon nome della Banca in epoche più stabili dell’attuale ci auguriamo, proprio per il legame affettivo che ancora lega i nostri soci alla storia e alle sorti dell’Istituto, che la Banca trovi, nella lungimiranza dei principali azionisti e nell’indipendenza dei suoi manager, la forza di rinnovarsi e di superare le difficoltà della lunga crisi economica e finanziaria globale, realizzando l’indispensabile, anche se onerosa e impegnativa, raccolta di capitali freschi in aggiunta alle dismissioni annunciate.
La diluizione delle quote di partecipazioni preesistenti rappresenterebbe un male minore se l’aumento di capitale imponesse la correzione delle strategie espansionistiche e mettesse in sicurezza e a frutto le potenzialità operative della Banca.
La stessa credibilità del noto progetto di dismissioni e ricapitalizzazione sembra essere messa in dubbio dalle Agenzie di Rating, che hanno recentemente espresso i seguenti giudizi negativi (testualmente riportati nel resoconto Carige):
“Il 22 marzo Standard & Poor’s ha ridotto di un notch il rating a lungo termine di Carige a “BB” da “BB+”, confermando quello a breve termine a “B” e ponendo il creditwatch negativo. Sempre in tema di rating, il 27 aprile Moody’s ha ridotto di due notch quelli assegnati a Carige per il breve e lungo termine a “Not-Prime/Ba2” da “Prime-3/Baa3”, e il bank financial strength rating (BSFR) a “D” da “D+”, ponendo gli ultimi due in review for downgrade.”
Con il prezzo di borsa del titolo in continua picchiata (-40% da inizio anno), dopo una effimera ripresa nei giorni successivi all’assemblea annuale, e con un patrimonio netto in gran parte costituito dall’avviamento pagato per gli sportelli acquistati nel quinquennio precedente e dal cumulo di crediti futuri per le imposte anticipate, non facilmente recuperabili in periodi di scarsa redditività, la Banca sembra non voler correggere le vecchie strategie che continuano ad essere riproposte con il copia e incolla nelle periodiche relazioni di bilancio, anche dopo il brusco risveglio con i nodi venuti al pettine nello scorso esercizio:
“L’orientamento strategico di fondo del Gruppo, tracciato a partire dagli anni ’90 e ribadito in sede di Piano strategico 2011 – 2014 (approvato in data 16 maggio 2011), consiste nella creazione di valore nel medio lungo periodo per tutti gli stakeholder (azionisti, risorse umane, clienti e collettività) in modo equilibrato, facendo leva sulla valorizzazione delle relazioni di clientela e sulla crescita dimensionale, come requisito fondamentale per mantenere un ruolo di rilievo nel sistema bancario nazionale.” (Relazione trimestrale - La strategia, pag.9)
Per la tutela di tutti questi interessi, fra i quali ci sono anche quelli dei pensionati, che hanno contribuito alla solidità e al buon nome della Banca in epoche più stabili dell’attuale ci auguriamo, proprio per il legame affettivo che ancora lega i nostri soci alla storia e alle sorti dell’Istituto, che la Banca trovi, nella lungimiranza dei principali azionisti e nell’indipendenza dei suoi manager, la forza di rinnovarsi e di superare le difficoltà della lunga crisi economica e finanziaria globale, realizzando l’indispensabile, anche se onerosa e impegnativa, raccolta di capitali freschi in aggiunta alle dismissioni annunciate.
La diluizione delle quote di partecipazioni preesistenti rappresenterebbe un male minore se l’aumento di capitale imponesse la correzione delle strategie espansionistiche e mettesse in sicurezza e a frutto le potenzialità operative della Banca.