La Corte costituzionale ha respinto le censure di incostituzionalità del decreto-legge n.65 del 2015 in tema di perequazione delle pensioni, che ha inteso “dare attuazione ai principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015, con una nuova e temporanea disciplina che realizza un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica”.
Conseguentemente sono stati bocciati tutti i ricorsi di legittimità costituzionale del c.d. decreto Renzi che, di fatto, aveva nuovamente bloccato il pagamento della perequazione 2012/13, concedendo una piccolissima percentuale di rivalutazione solo alle pensioni inferiori a sei volte il minimo INPS.
Nel 2017 non c’è stata rivalutazione per nessuno, in quanto l’inflazione previsionale calcolata dall’ISTAT era dello -0.1% , salvo conguaglio nell’anno successivo.
Per l’anno 2018 restano confermati gli indici perequativi previsti dalla legge 147/2013 che garantiscono l’adeguamento al 100% delle pensioni fino a tre volte il trattamento minimo, al 95 % da 3 a 4 volte, al 75% da 4 a 5; al 50% da 5 a 6 volte e al 45% per i trattamenti complessivi superiori a 6 volte il minimo (€ 39.000 di cumulo pensionistico annuo lordo).
Nel 2017 non c’è stata rivalutazione per nessuno, in quanto l’inflazione previsionale calcolata dall’ISTAT era dello -0.1% , salvo conguaglio nell’anno successivo.
Per l’anno 2018 restano confermati gli indici perequativi previsti dalla legge 147/2013 che garantiscono l’adeguamento al 100% delle pensioni fino a tre volte il trattamento minimo, al 95 % da 3 a 4 volte, al 75% da 4 a 5; al 50% da 5 a 6 volte e al 45% per i trattamenti complessivi superiori a 6 volte il minimo (€ 39.000 di cumulo pensionistico annuo lordo).
La perequazione però è calcolata sull'intero importo della pensione e non più come disponeva la legge 388/2000, sulle singole fasce, perdendosi così l’effetto cumulativo di fasce inferiori più pesanti.
Il provvedimento della Corte Costituzionale fa cadere qualsiasi rivendicazione nei confronti dell’INPS e blocca anche la restituzione delle mancate rivalutazioni delle pensioni del FIP ancora in essere, anche se dovranno essere valutate le motivazioni della sentenza che salva il decreto Renzi “per esigenze di finanza pubblica”, assolutamente mancanti nel caso di un Fondo pensioni privato sempre in equilibrio economico-patrimoniale.
Dall’anno 2019 le fasce d’importo ai fini della perequazione dovrebbero ritornare quelle stabilite dalla legge 388/2000: 100% sino a 3 volte il minimo, 90% da 4 a 5 volte, 75% da 6 volte ed oltre, ma nessuno può dare garanzie in materia di pensioni, ben sapendo che le sorprese non mancano mai e sono sempre spiacevoli.
In questi ultimi anni la bassa inflazione ha reso meno evidente l’erosione del potere d’acquisto delle pensioni, ma i prezzi ricominciamo a lievitare e potrebbero rendere sempre più penosi gli effetti dei tagli perequativi passati e futuri, da qui la necessità di seguire attentamente l’evolversi della situazione con l’assistenza delle loro Associazioni per la tutela dei propri diritti.