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libera associazione no profit, costituita nel 2013 fra pensionati ed esodati, già dipendenti di Banca Carige - Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, per tutelare i diritti e gli interessi economici e morali dei propri Associati in materia previdenziale, assicurativa e sanitaria, assistendoli nei rapporti con le competenti strutture Bper, l’INPS e gli altri enti tributari, assicurativi e finanziari, pubblici e privati.

giovedì 5 novembre 2015

COMUNICATO N.51 – Considerazioni in merito alla c.d. “zainettatura” del FIP.

Abbiamo letto, come tutti i soggetti interessati, la circolare delle OOSS aziendali del 3/11/2015, che commentiamo per la parte di nostra competenza e cioè quella dei pensionati e degli iscritti al FIP in attesa di pensionamento, che ci stanno interpellando sulla difficile decisione da prendere nel giro di pochi giorni.
Diciamo subito che del contenuto della circolare apprezziamo solo alcune dichiarazioni su garanzie minimali per gli iscritti, quali l’assoluta volontarietà di aderire o no alle proposte che prossimamente farà l'azienda ai singoli nonché l’asserito principio consistente nella volontà” di non toccare minimamente il Regolamento del Fondo” e che “gli unici ad avere un diritto garantito alle prestazioni del FIP sono i colleghi pensionati” (dimenticando peraltro l’analoga posizione degli attivi). Riteniamo che queste valutazioni del Sindacato siano maturate a seguito di approfondite riflessioni giuridiche, che pensiamo siano frutto delle nostre iniziative di chiarimento (trattative con l’azienda sui pensionati) e di contrasto (nostra diffida ad azienda e sindacati), anche se a qualcuno piacerà continuare a credere che le trattative sindacali, tenute sino all’ultimo segrete, prevedessero tali vincoli sin dai primi contatti.
Molto più opinabile è l’affermazione che il diritto alla pensione è una semplice “aspettativa” da parte dei colleghi in servizio, perché non tiene minimamente conto dei diritti individuali nascenti dai noti impegni aziendali del 1992, a cui peraltro volontariamente si rinuncerebbe uscendo dal Fondo con una transazione avente valore di sentenza giudiziale, come previsto dal recentissimo accordo aziendale.
Concordiamo invece sul fatto che oggi da più parti si cerchi di ledere i diritti sia dei pensionandi sia dei pensionati per effetto delle ricorrenti leggi di dubbia legittimità costituzionale, che toccano spesso materie di natura privata o riservate alla contrattazione collettiva, sempre all’ordine del giorno nel tormentato settore previdenziale, sui cui imponderabili riflessi economici e normativi prospettici ognuno può fare solo delle stime approssimative personali ed a cui talora le aziende fanno riferimento per ridurre sensibilmente i loro costi operativi, come nel nostro caso.
Fra le riforme penalizzanti già da tempo in atto, c’è anche quella del sistema contributivo per le pensioni pubbliche e private, non più retributive, che purtroppo determinerà una graduale perdita nel tempo dell’entità della pensione INPS liquidata: ed è per questo che il nostro FIP è particolarmente garantista, perché pone a carico della Banca l’onere di questa riduzione, essendo il nostro Regolamento sorto, e poi prudenzialmente alimentato, proprio per proteggere gli iscritti da situazioni di questo tipo.
Il Regolamento del FIP, a suo tempo firmato dalle stesse parti Istitutive che oggi vogliono svuotarlo, prefigurava proprio questi scenari garantendoli, come tuttora li garantisce, fissando la parametrazione ad un trattamento pensionistico complessivo (garanzia del totale Inps + integrazione) con conseguente obbligo di copertura delle riserve tecniche appostate a bilancio con vincolo di destinazione.
Il nostro FIP assicura, inoltre, un’integrazione minima rivalutabile a tutela delle pensioni aziendali meno elevate di ciascuna categoria ma questa integrazione minima è stata indebitamente bloccata nella misura stabilita nel lontano 1997: le recentissime intese aziendali anche per sanare questa irregolarità, liquidano una somma (minore) a stralcio, molto probabilmente per agevolare i provvedimenti utili all’azienda (esodo e uscita dal FIP), mentre centinaia di altri aventi diritto devono ricorrere in giudizio per rivendicarla.
Prendiamo il caso teorico di una collega di 65 anni, con più di 35 anni di servizio, da collocare a riposo entro fine anno, senza la reversibilità né incentivo per l’esodo: la Banca ad oggi, se ha diritto al solo minimo garantito, eroga una pensione mensile di € 317,93, mentre con la dovuta rivalutazione, a sensi dell’accordo sindacale del 1997, l’importo deve essere di € 453,47.
Per il caso di specie, simile a moltissimi altri con le variazioni dovute alle diverse anzianità di servizio, speranza di vita e situazione familiare, la quota parte individuale della riserva complessivamente esposta a bilancio, che ormai negli accordi viene chiamata zainetto, calcolata su una rendita di € 317,93 mensili ammonterebbe a circa € 87.500, secondo i dati attuariali di base assunti ai fini della valutazione dell’obbligazione futura della Banca. Se invece fosse stata calcolata sul minimo rivalutato di € 453,47 l’accantonamento individuale salirebbe a circa € 125.000.
Per un collega appartenente, invece, al più elevato grado dei quadri (ex funzionario gr.4° CL.8), età 65 anni, anzianità di servizio 35 anni, coniuge di 60 anni d'età, collocato a riposo con il minimo garantito, la pensione lorda oggi erogata, è pari a circa € 550, mentre dovrebbe invece essere rivalutata ad € 784.
Il relativo zainetto, secondo idonei calcoli attuariali, sarebbe di € 159.000 (senza la rivalutazione dovuta sul minimo) e di € 227.000, tenendo conto della rivalutazione del minimo .
Da quanto appreso la differenza fra le due cifre, con o senza rivalutazione del minimo, (ovviamente variabile da caso a caso) verrebbe forfetizzata in un bonus di € 22/24.000, calcolato in 35.imi, escludendolo dalla base attuariale di calcolo dello zainetto: risulta evidente la riduzione operata rispetto al dovuto.
Da quest’ultimo accordo sindacale emergono poi palesi disparità di trattamento fra gli iscritti e la assunzione di oneri aziendali presenti e futuri non a carico del conto economico (come invece dovuto), bensì della riserva matematica F I P, già accantonata senza tenere conto di tali oneri.
In ogni caso la c.d. portabilità degli zainetti, in un altro contesto legislativo meno nebuloso dell’attuale, avrebbe dovuto essere basata sulla chiara e documentata definizione della posizione individuale di partenza e sull’integrale trasferimento del “credito futuro” al Fondo aperto prescelto.
Così non dovrebbe avvenire nel nostro caso: gli iscritti non possono fare una valutazione consapevole comparando l’effettivo zainetto maturato con l’importo che sarà loro proposto, e quindi non potranno decidere in conformità a una consapevole valutazione di tutti gli elementi positivi e negativi al riguardo.
Pertanto, allo stato - ferma restando la ben nota posizione di As.Pe. - non possiamo che augurarci che l’Azienda metta gli interessati in condizione di effettuare consapevolmente la propria scelta, fornendo loro per iscritto l’esatto importo della pertinente quota di accantonamento stanziata nel bilancio semestrale scorso, evidenziando la riduzione proposta e l’eventuale bonus aggiuntivo a stralcio del minimo garantito: solo in tal caso una cosciente volontarietà di adesione potrà realizzarsi.